martedì 15 aprile 2008

Pol/Analisi del voto

Silvio ha trionfato, "ma anche" Walter non è andato male. La parodia crozziana aiuta anche a sintetizzare l'esito delle Elezioni Politiche 2008. A questo assunto vanno però aggiunti due dati ancora più rilevanti: il boom della Lega Nord, in una certa misura prevedibile, e soprattutto l'inaspettato tracollo della Sinistra L'Arcobaleno costretta dai numeri addirittura fuori dal Parlamento. E questi quattro risultati, analizzati da un punto di vista sistemico, portano ad un'ulteriore e ancora più importante considerazione. Aldilà di chi ha vinto e di chi ha perso da oggi in Italia si certifica un nuovo assetto politico: l'era del bipartitismo - seppur imperfetto e un po' all'amatriciana, diciamo così - è iniziata. Un partito governa, l'altro va all'opposizione. E' vero ci sono anche Lega-Mpa e Di Pietro, ma sono entità fortemente territoriali e soprattutto integrate in alleanze organiche e blindate. Per il resto rimane soltanto Casini con la sua sparuta pattuglia di parlamentari a testimoniare, per pochi punti percentuali, i residui ultimi di un voto di appartenenza.
Una piccola-grande rivoluzione, se possibile anche più concreta di quella andata in scena con la cosiddetta "Seconda Repubblica". Il quadro politico si è semplificato notevolmente e, cosa non da poco, non per le alchimie di una legge elettorale, ma a seguito delle strategie di pochi partiti che hanno saputo intercettare una tendenza che gli stessi elettori hanno più volte ribadito in questi ultimi 14 anni. Basta immaginarsi il prossimo parlamento. Dai 3 ai 6 gruppi parlamentari al massimo, contro i 13 (tredici!) più il "misto" della legislatura uscente. Vince quindi la scelta coraggiosa di Veltroni di correre da solo col Pd. Scelta che ha innescato la risposta di Berlusconi che è riuscito ad aggregare rapidamente Forza Italia, An e altri minori in un unico cartello, il Popolo della Libertà.
La vittoria del Pdl è appunto innegabile, chiara e netta. Un risultato che ci si aspettava alla Camera, ma che al Senato non era per nulla scontato. L'alleanza di centrodestra invece blinda le regioni storicamente azzurre, ma sfonda pure in quelle "marginali", ossia in bilico. La ritrovata, e rinforzata, alleanza fra Berlusconi e Fini era la risposta che gli elettori di centrodestra aspettavano da tempo. Non solo. L'alleanza privilegiata con la Lega – e in misura minore con l’Mpa di Lombardo - si è rivelata una strategia vincente ottimizzando il potenziale "di contestazione" dell'elettorato padano senza tuttavia disperderlo, ma includendolo invece in una coalizione di governo.
La Lega rappresenta infatti il boom di questa tornata elettorale. Ci si aspettava un buon risultato del Carroccio, calamita di un certo sentimento di antipolitica e particolarmente attenta a temi ormai quotidiani come l'immigrazione e la sicurezza, ma l'esplosione di voti per il partito di Bossi è stata per molti una sorpresa. Lo chiamano “vento del Nord”, sta di fatto che la Lega sa raccogliere questo voto, contrariamente invece al Pd che nelle regioni settentrionali sembra confermare numerose difficoltà.
Berlusconi, vinta bene e con grande senso tattico la partita delle urne, è atteso dalla sfida più difficile, quella di governare per cinque anni. Lui, al quinto confronto elettorale, ha ancora una volta saputo rispondere agli Italiani seppur in maniera diversa, dimostrando forse che anche per lui il cleavage “anti comunismo” – “anti berlusconismo” è finito. Ora comunque non ha più alibi, non ha guastatori interni, né rischia di essere impallinato dal fuoco amico. Certo la Lega ha un grande peso, ma non è numericamente decisiva e comunque il patto sembra consolidato. Berlusconi IV più che il nome di un esecutivo sa di titolo di un film con Stallone, ma stavolta la trama dovrà essere diversa: basta indecisioni, basta leggi "ad personam", più senso dello Stato e più responsabilità. La nuova avventura a Palazzo Chigi parte infatti con una maggioranza blindata ma in una congiuntura socioeconomica difficile. Silvio sembra averlo capito mantenendo un profilo basso, non vendendo sogni e soprattutto aprendo più di uno spiraglio all'opposizione dove per la prima volta non vede, né nei fatti può vedere, i fantasmi del comunismo, ma un interlocutore autorevole e altrettanto forte.
Il Partito Democratico è infatti la nota probabilmente più innovativa e comunque positiva di queste elezioni. A Veltroni va riconosciuto grande coraggio. Ha saputo mettere insieme "il diavolo e l'acquasanta" in un partito-contenitore fortemente all'americana e lui, da sempre discepolo di Kennedy, ha imposto un leaderismo a volte duro, ma certamente chiarificatore che ha finalmente ucciso l'idra a sette teste che da tempo caratterizzava la sinistra italiana. Sapeva di perdere, ma ha rischiato il tutto per tutto ed è uscito orgogliosamente battuto, non certo distrutto. Ora non è all'opposizione, ma l'opposizione. E c'è una bella differenza. Il Pd ora è una forza che rappresenta un terzo dell'elettorato e che è pronta a dialogare con Berlusconi, ma anche (!) ad aspettarlo al varco e a realizzare una vera alternanza nel 2015. I numeri poi lo confortano: il Pd "sconfitto" di oggi supera la percentuale di Ds-Margherita, pur vincenti, del 2006. Ha costretto il "suo principale avversario" a fare lo stesso e poi lo ha emulato nell'allearsi con una forza territoriale, un po' antipolitica e molto legalitaria.
L'Idv-Di Pietro è infatti il riflesso, più piccolo, della Lega. Stessa modalità di alleanza, stesse istanze, risultato altrettanto in crescita, seppur con le dovute proporzioni. E qui si può fare un appunto a margine circa il “grillismo” e l’antipolitica. L’80% degli italiani ha votato, nonostante la casta e nonostante i “V Day”, limitandosi al massimo a premiare i vecchi alfieri di anti-tangentopoli, non a caso Bossi e Di Pietro.

L'Udc ha tenuto, ha raccolto una trentina di parlamentari, ma al Senato potrebbe essere giusto l'opposizione sicula al Sudiroler Volkspartei, altro che ago della bilancia. Lo strappo con Berlusconi è costato carissimo, ma lo Scudocrociato in qualche modo resiste e l'unica consolazione per Casini è quella di essere il solo sopravvissuto allo tsunami Veltrusconiano.

La Sinistra L'Arcobaleno è invece rimasta fuori dai giochi e ha pagato. Tutto. "Separazione consensuale" dicevano, è stato invece un divorzio drammatico e traumatico senza alimenti e con il partner più forte a portarsi via tutto. L'esito ha del clamoroso: la somma dei quattro partiti dà come risultato la metà della percentuale della sola Rifondazione. Così per la prima volta nella storia della Repubblica la sinistra estrema è fuori dal Parlamento. Un segno dei tempi, che forse i leader dell'Arcobaleno non hanno saputo o voluto comprendere. Il voto identitario è finito o comunque si è ridotto a un esiguo zoccolo duro. Tanti invece i delusi dagli "arcobaleni": sia chi li ha considerati troppo supini all'esecutivo Prodi sia chi li ha visti troppo contestatori. Sarà che il vecchio assunto berlingueriano "partito di lotta e di governo" non può essere più declinato al presente.

Il voto ideologico, come detto, è il grande sconfitto di queste politiche 2008. Ulteriore conferma i risultati de La Destra (un 2,4 alla Camera dovuto alla personalizzazione della Santanchè piuttosto che alla reale appartenenza) dei Socialisti (che pur riuniti non raggiungono neppure l'1% e di fatto spariscono dopo 116 anni, pagando la mancata adesione al Pd) e degli altri mini partiti, non ultima la lista di Ferrara. Il "voto utile" forse non esiste, ma di sicuro gli Italiani, dopo anni di ingovernabilità, hanno sacrificato la rappresentatività sull'altare della stabilità degli esecutivi.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Non sono tanto d'accordo. Il Pd puntava al 35% e si è fermato al 33. Tra l'altro, credo che ci sia un realistico 3% che è stato portato via alla sinistra. Nel senso che moltissimi elettori di sinistra hanno votato Pd non perché fossero convinti del programma, ma più semplicemente per paura di Berlusconi. Visti i risultati, dubito fortemente che la prossima volta daranno il proprio voto a Uòlter. E scendiamo così a un approssimativo 30%.

Senza contare che non c'è stato neanche lo sfondamento del Pd nell'elettorato di centro.

Veltroni dice che non hanno avuto tempo, che il partito era nuovo e hanno fatto il possibile. Peccato che il Pdl sia nato concretamente due mesi fa e ha ottenuto il 40%...

Veltroni passerà alla storia per aver ottenuto il peggior risultato elettorale di sempre del centro-sinistra (rigorosamente col trattino). Solo con Mussolini la sinistra ha fatto peggio. Per ovvie ragioni.

Marco ha detto...

Condivido alcuni passaggi della tua analisi, ma con l'incumbency "al contrario" lasciata in eredità dal governo Prodi, Walter credo abbia fatto quanto era nei suoi mezzi e forse anche un pochino di più. Quel pochino, è ovvio, lo ha sottratto in gran parte alla Sinistra Arcobaleno che il peso governativo lo ha pagato in modo ancora più forte. Il mancato sfondamento al centro del PD paradossalmente sembra sia stato causato dall'argine della corsa in solitaria di Casini. L'Udc si è difesa anche con parecchi voti cattolici ex-Margherita, rigorosamente anti-berlusconiani, ma pure perplessi dal matrimonio (anzi dal Dico!) con troppi laici.
Innegabile quindi che "la paura di Berlusconi" abbia inciso, ma di sicuro meno dei turni elettorali scorsi dal '96 in poi. Veltroni non ha conseguito il peggior risultato del centrosinistra, ma forse il primo e migliorabile risultato di un partito finalmente riformista. Meglio tardi che mai!