domenica 17 dicembre 2006

(segue) Milan: laurea in storia e filosofia

La filosofia di essere vincenti, ma forse anche quella di non esserlo. Prima Liverpool e poi Boca. Il Milan, aiutato dal destino, ha cercato e ottenuto le sue riscosse. E poi oltre alle coppe, ai trofei, ai numeri, ci sono gli uomini che, per fortuna, sono ancora i veri protagonisti di questo pallone spesso sgonfiato da scandali, soldi, violenza.
Uomini come Paolo Maldini, un predestinato che è riuscito a fare meglio del padre, anche lui vittorioso in rossonero. Un capitano di lunghissimo corso in grado di fermare attaccanti che gli potrebbero essere figli con l'impegno di un ragazzino e la solita classe, purissima. Un esempio dentro e fuori dal rettangolo verde, che ai mille trofei in bacheca aggiunge quello di una longevità che ha del leggendario. Bandiera e anima del Diavolo.
Uomini come Pippo Inzaghi, uno che il gol non lo vuole, lo predende. Uno che ha segnato in qualsiasi competizione internazionale, sempre, comunque e dovunque, quasi fosse l'imperativo categorico, la smania della sua esistenza, l'obiettivo a cui tende con pervicacia superando troppi infortuni e magari una classe non purissima. Erano in pochi a credere ancora in lui qualche anno fa: lo stesso Inzaghi e il Milan.
Uomini come Kakà, faccia da bimbo e talento cristallino. Bello e utile, genio e serietà, forse un giocatore così non si era mai visto prima! E il Milan lo ha preso quando costava due lire.
Uomini come Clarence Seedorf. La perla nera che non ha paura di dire ciò che pensa e che, quando conta, c'è sempre. Uno che è abituato a vincere e che al Milan a trovato il suo ecosistema naurtale.
Uomini come Carlo Ancelotti già allenatore in campo e ora grande condottiero dalla panchina. Ha vinto tutto con grande umiltà e senza capricci o isterie, ma con pazienza e dedizione di un padre anche nei momenti meno facili. Il Milan lo ha allevato e lui ha ricambiato.
Uomini come gli altri "allievi" di Sacchi: Donadoni, Rijkaard, Van Basten... ieri tutti campioni e oggi tutti allenatori sulla cresta dell'onda.
Uomini come Fabio Capello, altra creatura diavolesca, che è stato chiamato dai "maestri del calcio" d'Albione per dar loro qualche "ripetizione".

domenica 10 dicembre 2006

(segue) Amelia non ammalia più

(segue) L'unico raggio di luce in questo buio tecnico per l' "ars paratoria" dello Stivale era fino a tempi recenti Marco Amelia. Terzo portiere nella Nazionale che ha trionfato a Berlino, non ha mai giocato in Germania, ma è comunque Campione del Mondo. Un Campione sopratutto del futuro che data la giovane età - appena 25 anni - avrebbe dato granzie all'era D.B. (Dopo Buffon). Tuttavia, complice forse l'essere rimasto controvoglia a Livorno, invece che approdare nelle più quotate Lazio o Palermo, la stella di Marco si sta adombrando. L'uscita a vuoto sul corner che ha regalato il momentaneo 1-0 alla Roma è solo l'ultimo di alcuni episodi non certo in linea con le prestazioni a cui numero uno amaranto aveva abituato i suoi estimatori. E così tornano i fantasmi del ragazzino imberbe che al Lecce alternava buone parate e svarioni imbrarazzanti come un pallonetto subìto da 40 metri. Amelia deve ritorvarsi, magari fuori da Livorno. Carlo di Inghilterra insegna: il rischio è diventare un eterno erede che non arriva mai al trono.