sabato 15 ottobre 2005

Genova



G rigia, ma non triste
E’ austera e vagabonda.
Nei carruggi
O nelle piazze
Vive un mondo suo
Abbracciata col mare





Genova è il saluto timido di due giovani innamorati alla stazione Principe. Non si parlano, ma si guardano mentre il vento accarezza i capelli di lei e la gente corre, distratta, ai binari. Genova è la riservatezza quasi ossessiva che diventa burbera, la paura di lasciarsi andare, il timore di apparire. Si dice che per capire Genova – e i Genovesi – bisogna osservare bene i suoi palazzi nobiliari: austeri, severi, quasi opprimenti fuori, un meraviglioso abbraccio per chi ha il privilegio di entrarci dentro, fra giardini e colonnati. E allora scendiamo da via Balbi fino all’Annunziata, fra matricole coi libri sotto braccio e suonatori di strada. E ancora in via Garibaldi, fra architetture barocche e sontuose che quasi schiacciano il sottile nastro di strada e sembrano voler gareggiare in forza e bellezza. Fontane Marose è uno slargo dove si tuffano vicoli che invitano a scoprire i loro misteri. Ma non è ancora tempo. Piazza De Ferrari: la fontana, il teatro, la zecca, il Ducale. Tutto qui sa di grandezza, viatico necessario per via Venti e per i suoi interminabili, eleganti portici interrotti solo da S.Stefano, chiesa “sospesa” fra i palazzi e pure nel tempo.
Ma l’anima di Genova va cercata più nel profondo, fra i carruggi che menano al porto, nel fascino di piazza delle Erbe, nell’incompiutezza di San Lorenzo, scendendo sempre più giù fino al porto antico e a Caricamento dove l’eleganza ha tutt’altri caratteri. Ecco qui il mare si incontra con Genova. Non si parlano, ma si guardano, mentre la gente corre, sempre più distratta.